Mi è già capitato di trattare l’argomento ZMOT e rileggendo alcuni passaggi ho fatto delle riflessioni su come questo nuovo paradigma della comunicazione possa essere d’aiuto ai nuovi marketer.

Ho voluto indicare alcuni elementi che secondo me possono essere utili o quantomeno punti di partenza per idee e analisi:

  • Le attività di tipo push possono non essere decisive nell’influenzare le scelte, infatti quello che prima era un messaggio, una comunicazione unidirezionale da parte del brand, è divenuta una conversazione sulla quale la pubblicità, i messaggi promozionali hanno solo un potere limitato: chi acquista trova e condivide in maniera autonoma, con modalità e tempi autonomi le informazioni sui prodotti.
  • L’interazione avviene in modalità multicanale: lo smartphone, il tablet , il desktop, la tv concorrono tutti nello ZMOT, quindi bisogna tener presenti le caratteristiche e le modalità di comunicazione tipiche di ogni strumento per ottenere il massimo dei risultati. L’esempio calzante che viene fatto per spiegare tale logica è il seguente. Se si vuole conquistare l’audience dei tablet, si deve considerare che la consultazione di tali strumenti avviene dopo il lavoro (l’orario di utilizzo del tablet viene definito t- time) quindi anche i messaggi dei marketer dovranno essere adatti al tipo di device di ricerca ed al periodo in cui le consultazioni vengono eseguite.
  • Il sogno dei marketer di poter sfruttare l’imbuto, il funnel, diviene sempre più spesso una chimera; infatti, come dice lo stesso Lecinski, nel suo secondo ebook dedicato all’argomento, il processo di acquisto deve essere considerato come una specie di viaggio aereo con fermata e ritorno in più hub piuttosto che un processo lineare.

     

    ZMOT Marketing e Multicanalità - Sickbrain.org

  • Esiste una convergenza sempre crescente dei vari moment of truth (spesso sul web stimolo, scelta ed acquisto tendono a coincidere) e tale fenomeno si accentuerà con l’aumentare delle ricerche da mobile e in mobilità.
  • Ultimamente è emerso un trend secondo il quale le fonti d’informazione consultate prima dell’acquisto aumentano anno dopo anno. In media, nel 2011, i consumatori consultavano 10,4 fonti di informazione prima di prendere una decisione, mentre nel 2010 ne consultavano solamente 5,3. Il campione non è significativo e l’intervallo temporale preso a riferimento non è sufficiente, ma, a prescindere dalla validità scientifica del metodo, il dato empirico fa riflettere.
  • Nessun settore merceologico può ritenersi esente da tale procedimento mentale di scelta: prendiamo ad esempio l’acquisto di una merendina. Prima dell’avvento dei motori di ricerca e dei social network, la pubblicità stuzzicava i nostri sensi (ricordate: la morale è sempre quella fai merenda con…) davanti allo scaffale decidevamo se acquistare il prodotto (first moment of truth) magari confrontandolo con altri snack, poi al momento della prova (second moment of truth) davamo il nostro giudizio e se il prodotto ci soddisfaceva ne parlavamo con amici e conoscenti (passaparola o word of mouthone to one).
    Oggi se vedi uno spot che attira la tua attenzione, t’informi su Internet per conoscere l’azienda, per vedere come la merendina viene prodotta, per conoscerne gli ingredienti, per scoprirne l’apporto calorico, per comparare il prodotto con la concorrenza, cerchi magari un video per acquisire maggiori dettagli o leggi un post od una recensione che ne parli (Probabilmente fai tutte queste cose in metropolitana con lo smartphone).
    Poi se la ricerca ti soddisfa è possibile che vada in un sito di confronto prezzi o in un sito di coupon per trovare occasioni o ti rechi davanti ad uno scaffale. Ma il viaggio potrebbe complicarsi ulteriormente prima dell’acquisto.
    Anche quando il cliente arriva nel carrello dell’e-shop ed ha inserito il prodotto nella lista della spesa, si assiste ad un tasso altissimo di abbandono (negli usa pari al 70%). Ho scelto l’esempio di un bene, un tempo considerato di scarsa rilevanza, non a caso. Infatti come rileva Bob Thackeril, consulente strategico di Gravitytank, “l’attività di raccolta informazioni ha acquisito sempre maggior importanza nel modus agendi del consumatore. Nel passato un tale studio era confinato ai grandi acquisti (di beni durevoli) come la casa, gli elettrodomestici costosi, la macchina. Ora (invece) la gente si cimenta nel processo di scoperta anche per gli acquisti più piccoli.”

Conclusioni

Pertanto le regole dello ZMOT valgono per tutti i settori merceologici: non sono confinate al B2B, o B2C, agli store o ai beni di consumo, ma si applicano alla politica, all’educazione e chi più ne ha più ne metta.